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Lazio bucolico e misterioso

Lazio bucolico e misterioso

Lazio bucolico e misterioso

Oggi la nostra rubrica delle ricette regionali ci porta in Lazio, la culla della nostra capitale: Roma.

 

Il Lazio  nasconde varie leggende legate al misterioso ambiente lacustre e in generale alla campagna. Un territorio costellato da più di 50 specchi d’acqua,  dolci colline che separano le ampie pianure dell’agro romano, lo sguardo passa dai monti sibillini fino ad arrivare al mare. 

 

Proprio in questi scenari di campagna nasce la leggenda  di Berta : “non è più tempo che Berta filava”.La  leggenda in certi sensi molto attuale soprattutto per capacità che aveva il popolo di sopravvivere al mal governo.

 

Berta era una povera donna che non faceva altro che filare la lana. Una volta, camminando, incontrò Nerone, imperatore Romano, e gli disse: “che Dio ti possa dare tanta salute da farti campare mille anni!”.
Nerone, che nessuno poteva vedere tanto era cattivo, restò di stucco a sentire che gli augurava di campare cent’anni, e rispose “e perché mi dici così, buona donna?”
“Perché dopo un cattivo, ne viene uno sempre peggiore”.

 

Nerone stupito dalle parole coraggiose della donna, invitò la filatrice a Palazzo per la mattina seguente, dicendole di portare tutta la lana che avrebbe filato fino all' indomani.
La donna ebbe paura per  tutta la notte certa che la sua morte fosse vicina e che la lana che stava filando sarebbe servita per impiccarla...arrivata al palazzo l'imperatore però le disse “lega un capo del gomitolo alla porta del palazzo e cammina finché il filo non finisce” “per quanto è lungo il filo, la campagna di qua e di la della strada è tutta tua”. 
Così Berta fu premiata per la propria audacia e diventata ricca smise di filare. La voce si sparse fra il popolo e subito una lunga fila si creò davanti al palazzo reale; ma Nerone rispondeva “non è più il tempo che Berta filava”. “

 

Passando al lato culinario dell’Antica Roma... pare che i romani (quelli ricchi ovviamente) amassero la buona cucina e il vino; grazie a  Marco Gavio Apicio,  che ha scritto probabilmente il primo libro di ricette , “ De re coquinaria”, abbiamo una conoscenza molto vasta sulle abitudini e ricette romane.
Sappiamo che i  romani amavano gusti molti forti e accostamenti eccentrici ma l'alimento che amavano e usavano in abbondanza era il garum: salsa liquida di pesce, forse di origine greca, ottenuta facendo “fermentare” (marcire) al sole le interiora di pesce azzurro che venivano poi salate e, in qualche modo, pressate per ottenere un liquido semi trasparente . Pare che nelle campagne dove avveniva la fermentazione la puzza fosse insopportabile ma così è, il garum era una specialità per veri signori.

I gusti del passato sono per noi oggi molto lontani sia nel tempo che nelle abitudini ( per fortuna, direi!) ecco che la ricetta che condivido oggi invece, proviene dalla tradizione giudaico romano, è un piatto che amo molto soprattutto quando posso mangiarlo al ghetto, un luogo di Roma che amo naturalmente.

Baccalà fritto alla romana
600 gr. di Baccalà ammollato
100 gr. di Farina macinata a pietra
Acqua gassata q.b.
Pepe q.b.
Olio di semi q.b.

 

Con un coltello taglia il baccalà ben asciutto a strisce.
Con la farina e l'acqua fai una pastella liscia non troppo liquida.
Infarinare il baccalà e passarlo nella pastella.
Friggi i filetti di baccalà in olio caldo per circa 10 minuti.
Asciugati bene, aggiungi sale (se c'è bisogno) e del pepe.
Io servo il baccalà con porro e cipolla fritta oppure con una composta di cipolle agrodolce
Buon Appetito!